Un proverbio americano dice: it takes two to tango, per ballare il tango bisogna essere in due. Ma questi sono giorni di clausura, persino le coppie sono abolite. E a proposito di coppie, mi sono venute in mente le parole di Guido Ceronetti che dicono così: Nessun filosofo saprebbe darci la certezza dell’esistenza della coppia umana, questa cosa che ci preoccupa tanto, che si afferra così poco, che l’esperienza per lo più cancella dallo schermo dell’esistente. Ma l’uomo, proprio l’uomo, ha inventato una danza che non ha uguali. Una danza che in un secolo senza amore tocca il suo apogeo di struggimento sentimentale, stranamente in un paese senza segno spirituale, di bovini e di caste, sulle rive di un fiume senza storia né gloria come il Rio d Plata. Se per tutti i suoni che ci hanno accompagnati ricordandoci in che modo siamo nati (dal verbo, dal suono, dal grido) ci fossero le note al bandoneón di un tango a raccontare vicende umane, le insensibili Nane Bianche, i mostruosi Buchi Neri, le inafferrabili Pulsar riceverebbero nel loro seno morto l’immagine sonora di una Coppia Umana che si muove cerimoniosamente e con decisione verso la suprema ratificazione simbolica, gonfia di passione covata e apparendo in ogni figura, come un solo essere. Il tango, il tango, il tango ci dà la certezza che la coppia umana esclusivamente di amanti (di amanti senza ombra di famiglia) è iscritta nell’esistenza, che il suo modello ideale preesiste a tutto e che su questa terra buia, tale Idea, tra abissi di solitudine e di dolore, si è fatta carne – carne che canta, singhiozza e vola. In questi giorni di esilio dalla nostra vita, di esilio non solo dal tango, dalle milonghe, dai nostri amici, dagli incontri, in questi giorni insomma di esilio da noi stessi, ho ripensato a un film che parla di un esilio meno dorato. E come una violetta pressata nel diario di una signorina, è sbucato fuori questo “Tangos, El Exilio De Gardel” di Pino Solanas, un film del 1985 che racconta le vite dei fuoriusciti argentini a Parigi durante la dittatura militare. Il film si apre con la scena più romantica della storia del cinema, almeno per me. C’è una Parigi deserta, spettrale, gelida come l’alba in cui si sciolgono gli abbracci e c’è una coppia di amanti, Mariana e Juan Dos, infagottati nei cappotti, che ballano un tango, una loro specie di tango. Si cercano, si abbracciano, si baciano, si lasciano, si ricercano, si riabbracciano e ballano, ballano con un ardore che incendia tutto. Fuori c’è il gelo, dentro di loro il fuoco. La musica è di Astor Piazzolla, un “Duo de Amor” di bellezza indimenticabile. Ecco, per ricordarsi come sarà quando questo esilio finirà, quando torneremo da questo esilio.
23 marzo 2020
Duo de Amor
di Marco Castellani
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