Tratto da I fiori del male di Charles Baudelaire

Pluvio, irritato contro la vita intera, versa da la sua urna a grandi fiotti un freddo tenebroso sui pallidi abitanti del vicino cimitero e la mortalità sui sobborghi nebbiosi.
Il mio gatto su l'invetriata cercando un giaciglio agita senza posa il suo corpo magro e scabbioso; l'anima d'un vecchio poeta erra ne la grondaia con la triste voce d'un fantasma freddoloso.
Il calabrone si lamenta e il ceppo fumante accompagna in falsetto la pendola infreddata, mentre in un mazzo di carte pieno di profumi impuri,
eredità fatale di una vecchia idropica, il bel fante di cuori e la donna di picche chiacchierano in modo sinistro dei loro defunti amori.

Ho più ricordi che se avessi mille anni.
Un grosso mobile a cassetti ingombro di bilanci, di versi, di biglietti amorosi, di processi, di romanze, con pesanti ciocche di capelli involte nelle quitanze, nasconde meno segreti del mio triste cervello.
È una piramide, un immenso sepolcro che contiene più morti che la fossa comune.
— Io sono un cimitero aborrito da la luna, dove come rimorsi si trascinano lunghi vermi che s'avventano sempre su' miei morti più cari. Io sono un vecchio gabinetto pieno di rose appassite, dove giace tutto un guazzabuglio di mode disusate, dove i pastelli malinconici e le pallide figure di Boucher, soli respirano l'odore d'una fiala sturata.
Nulla uguaglia in lunghezza le tarde giornate, quando sotto le pesanti falde de le nevose annate la Noia, frutto de la triste incuriosità, assume le proporzioni de l'immortalità.
— Ormai tu non sei più, o materia vivente! che un granito circondato da un vago terrore, assopito nel fondo d'un Sahara nebbioso! una vecchia sfinge ignorata dal mondo spensierato, dimenticata su le carte, il cui umore selvaggio non canta che ai raggi del sole che tramonta!

Io sono come il re d'un paese piovoso, ricco ma impotente, giovane e pur molto vecchio, che, disprezzando li inchini ossequiosi de' precettori, si annoia co' suoi cani come con qualunque altro animale.
Nulla lo può rallegrare, nè falcone nè selvaggina, e nemmeno il suo popolo morente davanti al balcone.
La grottesca ballata del buffone favorito non distrae più la fronte di quel crudele malato; il suo letto di fiordalisi si trasforma in una tomba, e le dame del seguito, per le quali ogni principe è bello, non sanno più trovare impudiche acconciature per strappare un sorriso a quel giovane scheletro.
Lo scienziato che gli produce l'oro non ha mai potuto sradicare dal suo essere l'elemento corrotto, ed in quei bagni di sangue che ci vengono dai Romani e di cui i potenti si ricordano nei loro più tardi giorni, non ha saputo riscaldare quel cadavere inebetito nel quale invece di sangue scorre l'acqua verde del Lete.

Quando il cielo basso e opprimente grava come un coperchio su lo spirito gemente in preda a lunghe noie, e abbracciando tutto il cerchio de l'orizzonte ci dà un giorno nero ancor più triste de le notti; quando la terra è cambiata in umido carcere, dove la Speranza, come un pipistrello, va battendo con la timida ala i muri e urtando la testa nei soffitti tarlati; quando la pioggia spiegando i suoi immensi strascichi, imita le sbarre d'una vasta prigione e un popolo muto d'infami ragni tende le sue reti in fondo ai nostri cervelli, de le campane a un tratto scattano con furia e lanciano verso il cielo un urlo spaventoso, come spiriti erranti e senza patria che si mettano a lamentarsi ostinatamente, — e lunghi carri funebri, senza tamburi nè musica, sfilano lentamente ne l'anima mia; la Speranza, vinta, piange, e l'Angoscia atroce, dispotica, pianta sul mio cranio curvato il suo nero vessillo.

Testo del Tango Cristal di José Maria Contursi

Tengo el corazón hecho pedazos,
rota mi emoción en este día...
Noches y más noches sin descanso
y esta desazón del alma mía...
¡Cuántos, cuántos años han pasado,
grises mis cabellos y mi vida!
Loco... casi muerto... destrozado,
con mi espíritu amarrado
a nuestra juventud.

Más frágil que el cristal
fue mi amor
junto a ti...
Cristal tu corazón, tu mirar, tu reír...
Tus sueños y mi voz
y nuestra timidez
temblando suavemente en tu balcón...
Y ahora sólo se
que todo se perdió
la tarde de mi ausencia.
Ya nunca volveré, lo se, lo se bien, ¡nunca más!
Tal vez me esperarás, junto a Dios, ¡más allá!

Todo para mi se ha terminado,
todo para mi se torna olvido.
¡Trágica enseñanza me dejaron
esas horas negras que he vivido!
¡Cuántos, cuántos años han pasado,
grises mis cabellos y mi vida!
Solo, siempre solo y olvidado,
con mi espíritu amarrado
a nuestra juventud...

Traduzione di Radio Tango Macao

Il mio cuore è a pezzi,
rotta la mia emozione in questo giorno...
Notti e ancora notti senza riposo
e questo disagio dell'anima mia...
Quanti, quanti anni sono passati,
grigi i miei capelli e la mia vita!
Pazzo... quasi morto... in frantumi,
con il mio spirito legato
alla nostra gioventù.

Più fragile del cristallo
era il mio amore
accanto a te...
Cristallo il tuo cuore, il tuo sguardo, la tua risata...
I tuoi sogni e la mia voce
e la nostra timidezza
tremando dolcemente sul tuo balcone...
E ora lo so
che tutto si è perduto
il pomeriggio della mia assenza.
Non tornerò mai più, lo so, lo so bene, mai più!
Forse mi aspetterai, accanto a Dio, nell'aldilà!

Tutto è finito per me,
tutto per me diventa oblio.
Che lezione tragica mi hanno lasciato
quelle ore nere che ho vissuto!
Quanti, quanti anni sono passati,
grigi i miei capelli e la mia vita!
Solo, sempre solo e dimenticato,
con il mio spirito legato
alla nostra gioventù...

diritti d'autore Victor Hugo Del Grande
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in foto: Charles Baudelaire