Nei giorni del distanziamento e della separazione, ci siamo accorti che in casa abbiamo tutto quello che ci serve tranne l’essenziale. Lo dicono anche i decreti: uscite soltanto per procurarvi l’essenziale. Il tango di stasera parla della strada, il luogo dove c’è l’essenziale. La strada, sede di una famosa università che non ammette riparazioni e accoppa chi sbaglia l’esame, è un luogo altamente simbolico del nostro pianetino. Alla strada è stato dedicato innanzi tutto un codice e poi un’infinità di film, di canzoni, di romanzi. Uno su tutti? "On The Road" di Jack Kerouac, inno alla gioia della vita di strada.

Ora la strada ha anche un tango: Calle, di Alfredo Rubín, detto El Tape, e di Fabrizio Pieroni, un tango interpretato dalle Guitarras de Puente Alsina e in seguito da diversi altri gruppi, come si usava ai tempi d’oro, che proprio per questo erano d’oro. Ebbene, la giuria monocratica che presiedo ha assegnato a Calle il premio di miglior tango cantato degli ultimi venti anni. Prima di darvi le motivazioni della sentenza, una domanda: perché la strada, quel che accade nella strada è così importante e significativo? La beauté est dans la rue, la bellezza è nella strada, diceva uno slogan del Maggio ’68. A Buenos Aires questo slogan l’hanno preso alla lettera e nella strada, quasi fosse un teatro, sono state ideate e realizzate manifestazioni bellissime, intendo dire esteticamente bellissime. Pensate alla forza drammatica, alla grandezza shakespeariana delle Madri che sfilano in silenzio in Plaza de Mayo negli anni tremendi della dittatura militare, ogni giovedì pomeriggio là, a chiedere al Potere di rispettare la sua stessa legge, quella antica e inviolabile dell’habeas corpus. Oppure l’escrache, una denuncia pubblica che sembra scritta e messa in scena da Bertolt Brecht. Dal 1986 al 2003, gli escrache hanno inchiodato alle loro responsabilità gli assassini e i torturatori a cui la legge del Punto Final, dell’Obbedienza Dovuta, aveva dato impunità. Escrache viene dal dialetto italiano, scaracchio, scaraccio, sputare. Sputare la verità in faccia alla menzogna. O ancora al più recente cacerolazo, un format noise adattabile a ogni scontento di tipo economico, magari meno nobile dei precedenti, ma che eloquenza possiamo pretendere da dei tegami?

Le più belle di tutte, però, le più emozionanti sono le manifestazioni a corteo. Sembra di vedere i battaglioni napoleonici che avanzano a folate, a ondate, coi tamburi e le insegne, nella polvere dei continenti. E la gloria che arriva dall’alto, nuvole, stormi giganteschi di papel picado, carta fatta a pezzettini e lanciata dai grattacieli come per Kennedy o i trasvolatori oceanici. E il cielo, il grande cielo di Buenos Aires che si fa piccolo, angusto, sembra arretrare davanti a tanta potenza.

Napoleone la sapeva lunga in fatto di sfilate stradali, aveva coreografi e costumisti, curava personalmente la regia, ci sono ancora gli storyboard. Ma non è tutto: nella parlata argentina tener calle o no tener calle significa avere o meno esperienza della strada, ossia esperienza della vita, del mondo, di come vanno realmente le cose. Uno che no tiene calle può essere magari una brava persona, ma al momento della verità sarà goffo, sgraziato, farà un qualche erroraccio madornale, cosa che chi tiene calle invece no, ha delle risorse, una condotta, rispetta i codici. Regola numero uno: non fare mai la spia. È l’ABC.

E veniamo al tango in questione. La musica è aspra, violenta, le sincopi sono cinghiate, i bordoni arpeggiati sul filo spinato. Il testo ritrae la strada negli anni della dittatura, quando tutte le manifestazioni sono proibite e la strada è ridotta al silenzio. La calle miente al callar, la strada mente quando tace, e mente anche quando parla. Non è la barzelletta degli avvocati: quando la strada tace, a parlare sono i delatori, quelli che ti denunciano, te entregan alla polizia. E da dietro le porte e le finestre sprangate si sentono i commenti dei bravi vicini, le mezze voci, le frasi fatte: per qualcosa sarà stato. In tre minuti di tango ci sono stipati sette anni di angoscia. Sembra Discepolo, un Discepolo contemporaneo, più lucido e oltranzista. Non c’è dolcezza, né tenerezza possibile, niente carezze su queste carreggiate. Nemmeno tra le parole ci sono legami d’affetto o di sintassi. Vengono accatastate come in una fossa comune, ci sono attriti, collisioni. Sono parole d’uso quotidiano, dal senso stabile, eppure suonano cattive, spigolose, aguzze. Sotto il pavé, c’è la spiaggia, diceva un altro slogan del Maggio ’68 che ribaltava il Vangelo e incoraggiava a svellere il selciato, trovare la sabbia sottostante e usare le pietre come parole. Ci sono parole che sono pietre e altre, come queste di Calle, che sono sampietrini.

CALLE

Calle que sabe decir
Calle que miente al callar
Quiere partir sin hablar
Quiere aguantar y salir
Calle si quiere escapar
Que preparate a morir
Calle si quiere vivir
Que ya te vino a buscar
Calle que sabe callar
Calle que vuelve a mentir

Facho, garca
Vientre, fuego
Macho, bobo
Sangre, perro
Madre plaza
Sombra huevo
Fiebre, fuga
Pibes, pueblo

Tiempo dócil nuevo fósil
Aire ciego
Lista muerta grito viejo
Plata huesos
Goles palos roña sueño
Tibio cielo
Clase media mugre lengua
Playa vuelos
Calle furia Calle falsa Calle fuego

Calle que quiere volver
Calle que vuelve a olvidar
Que se ha portado tan bien
Que supo a quien entregar
Calle que sabe decir
Que ya te vino a buscar
Calle que miente al hablar
Que preparate a morir
Calle que sabe callar
Calle que vuelve a mentir

Chancho, viejo
Garca, centro
Erpio loco
Monto negro
Fútbol, dócil
Radio, pueblo
Macho sueño
Madre huesos

Isla trampa gloria negra
Pibes muertos
Bota búho miente roba
Cura ciego
Carne risa tele sexo
Chiste perro
Trapo útil rojo lejos
Plaza fuego
Calle rota Calle rabia Calle ruego

Música: Fabrizio Pieroni - Alfredo Rubin
Letra: Alfredo Rubin

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Strada che sa quel che dice
Strada che mente se tace
Vuol partire senza parlare
Vuol sopportare e uscire
Strada se vuoi scappare
che preparati a morire
Strada se vuoi vivere
che è venuta a prenderti
Strada che sa quel che tace
Strada che torna a mentire

Fascio, stronzo
Ventre, fuoco
Macho, scemo
Sangue, cane
Madre, piazza
Ombra, coglioni
Febbre, fuga
Ragazzi, popolo
Tempo docile nuovo fossile
Aria cieca
Lista morta grido vecchio
Grana ossa

Goal, palo, rogna, sonno
Tiepido cielo
Classe media sozza lingua
Spiazzo voli
Strada furia strada falsa strada fuoco
Strada che vuol tornare
Strada che torna a scordare
che si è comportato bene
che ha saputo chi denunciare
Strada che sa quel che dice
che ti è venuta a cercare

Strada che mente se parla
che preparati a morire
Strada che sa quel che tace
Strada che torna a mentire

Porco, vecchio
Stronzo, centro
erpio*, pazzo
Monto, negro**
Football, docile
Radio, popolo
Macho, sonno
Madre ossa
Isola trucco gloria nera

Ragazzi morti
Stivali gufo mente ruba
Prete cieco
Carne risate tele sesso
Scherzo cane
Straccio utile rosso lontano
Piazza fuoco
Strada rotta Strada rabbia Strada prego

*termine dispregiativo da ERP, Ejercito Revolucionario del Pueblo
**termine dispregiativo per Montonero