Nell'anno 1926 è nato mio padre nel "conventillo el 54" di Rosario. I "conventillos" erano “casermoni” con tante stanze affittate per pochi soldi a famiglie d'immigrati in maggioranza italiani (tra quelle la mia ) e anche a gauchos, campesinos, e operai del porto Questo me lo raccontò mio padre pochi anni prima di morire forse perchè si vergognava della sua origine così umile, cosi promiscua, cosi "tanguera".
Si perché noi fino pochi decenni fa ci vergognavamo del nostro profondo coinvolgimento con il tango. Vivevamo quest’ arte come se fosse minore, da sfigati, tristi, senza educazione nè cultura e anche, perchè non dirlo, di gente con la pelle un pochino scura.
Questo accadde alla mia generazione in Argentina culturalmente "penetrata", nel vero senso della parola, da un progetto di dominazione dal quale America latina è stata travolta più o meno dal momento che il nostro simpatico Colombo si bagnò i piedini nelle nostre spiagge.

Se oggi amo Beniamino Gigli, Caruso, Gardel e il tango, lo devo a mio padre che ha saputo trasmettermi, in silenzio, l'emozione e l'amore per la propria cultura e le sue forme di espressione.
Nello stesso anno, il 1926 probabilmente in qualche conventillo di genovesi del quartiere “de la Boca " qualcuno ha scritto un pezzo che, dopo "la cumparsita" e "il choclo", è il tango più diffuso al mondo: parliamo di "Caminito".

La musica fu scritta da "Juan de Dios Filiberto" che nacque e visse tutta la sua vita nel quartiere “de la Boca”.
Ebbe origini umili e un’infanzia difficile. Come tanti iniziò fin da ragazzino a lavorare.
Lo descrivono come un uomo di modi e carattere grezzo ma con la fiamma dell'arte nelle vene.
All'età di 24 anni iniziò a studiare solfeggio e composizione, e scelse il violino come strumento per poi approfondire l'armonia ed altri strumenti come il pianoforte e la chitarra. Tutto questo per poter esprimere le pulsioni che le musiche folkloristiche e il tango seppero svegliare in lui, nell'intensa vita trascorsa nel popoloso quartiere “de la Boca”.
Filiberto fu un artista unico . Come lui stesso diceva "la tecnica deve essere uno strumento al servizio del fuoco sacro che ogni artista porta dentro di sè".
Fu molto amico di "Quinquela Martin", il pittore che espose in tutto il mondo i murales e i quadri dei conventillos , del porto e delle case del quartiere “de la Boca”.
Scrisse molti tangos famosi e tanti furono incisi da Gardel. Per le melodie orecchiabili e i motivi un po’ tra il folklore e il tango a Filiberto viene attribuito la creazione dello stile "cancion portegna".
C'è un piccolo sentiero curvo di un centinaio di metri nel quartiere “de la Boca”. Nell'anno 59 le diedero il nome di "caminito", alludendo che questo pezzo di strada fu la musa ispiratrice di Juan de Dios Filiberto per scrivere il famoso tango. Senza dubbio questa sentiero lo percorreva sempre per andare al lavoro o dai suoi amici.

Oggi tutti i turisti si scattano foto davanti al busto e le placche che ricordano Filiberto e il luogo dove nacque “Caminito" ma adesso vi racconto cosa ispirò il testo di “Caminito” che fu scritto da "Gabino Coria Penaloza".
Questo signore fu un personaggio affascinante. Scrittore e poeta lasciò nella storia del tango 3 libri e dei pezzi memorabili scritti come co-autore con Filiberto ed altri musicisti. Fu amico di Quinquela Martin, di Razzano e di Gardel, che incise e fece debuttare il suo tango "Margaritas".
Coria Penaloza nacque a La Paz, Mendoza. Da ragazzo per lavoro si trovò di passaggio in un paesino della provincia della Rioja, oggi città di Olta.
Lì conobbe una ragazza che era un’insegnante di musica del paese. Iniziarono a frequentarsi di nascosto. Si vedevano per parlare e stare insieme in quel "caminito bordeado de trebol y juncos en flor" ( quel sentiero contornato di piante fiorite).
Nell'anno 1903 e in un paesino piccolo del nord della Argentina era impensabile che la famiglia di una ragazza vedesse di buon occhio una relazione con uno sconosciuto di passaggio. Penaloza dovette ripartire facendole la promessa di tornare a riprenderla. E cosi dopo un anno lui tornò ad Olta a cercare il suo amore, ma i paesani del posto gli dissero che lei era partita, che non abitava più ad Olta e nessuno sapeva dove era andata. "desde que se fue nunca mas volvio seguire sus pasos, caminito adios" (da quando se ne andò, mai più è tornata, seguirò i suoi passi, sentierino addio.)
Il dolore di Coria Penaloza fu grande e trovò sfogo in una poesia. La musica di Filiberto, anni dopo, le diede vita trasformandola in un tango che viaggia nel mondo intero da novant'anni. Sappiamo che "Caminito” nacque nell'anno 1926 e che non morirà mai.

Testo di Gabino Coria Peñaloza

Caminito que el tiempo ha borrado,
que juntos un día nos viste pasar,
he venido por última vez,
he venido a contarte mi mal.

Caminito que entonces estabas
bordado de trébol y juncos en flor,
una sombra ya pronto serás,
una sombra lo mismo que yo.

Desde que se fue
triste vivo yo,
caminito amigo,
yo también me voy.

Desde que se fue
nunca más volvió.
Seguiré sus pasos...
Caminito, adiós.

Caminito que todas las tardes
feliz recorría cantando mi amor,
no le digas, si vuelve a pasar,
que mi llanto tu suelo regó.

Caminito cubierto de cardos,
la mano del tiempo tu huella borró...
Yo a tu lado quisiera caer
y que el tiempo nos mate a los dos.

Traduzione di Victor Hugo Del Grande

Sentierino che il tempo ha cancellato,
che insieme un giorno ci hai visto passare​
sono venuto per ultima volta,
sono venuto a raccontarti il mio dolore.

Sentierino che allora eri contornato
di "trebol" e "juncos" in fiore
un'ombra presto sarai,
un'ombra uguale a me.

Da quando se n'è andata io vivo triste,
sentierino amico anch'io me ne vado.
Da quando se n'è andata mai più tornò,
seguirò i suoi passi , sentierino addio!

Sentierino che tutti i pomeriggi
felice percorrevo cantando il mio amore
non dirle se torna a passare da qui,
che il mio pianto il tuo suolo bagnò.

Sentierino coperto di cardi,
la mano del tempo le tue impronte cancellò
Al tuo fianco vorrei cadere
e che il tempo ci ammazzi a tutti e due.

diritti d'autore Victor Hugo Del Grande
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