Questo tango è stato eseguito per la prima volta nell'anno 1926, cantato da Rosita Quiroga. Divenne un successo e fu eseguito da tanti altri. Nel 1951 Edmundo Rivero ne fece una versione molto bella, con accompagnamento di chitarre.
Nel corso della sua carriera furono parecchi i tangos che incise più di una volta, ma questo no. Fece solo quella incisione. Molto bella anche quella dell’orchestra di Jose Basso con la voce di Jorge Duran.

La musica di "En la via" appartiene a Nicolas Vaccaro, che nacque a Buenos Aires nel 1899 dove morì nel 1975. Pianista, compositore e grande amico di Gardel, suonò nell'orchestra di Graciano De Leone, di Arolas, di D’Arienzo e di Osvaldo Fresedo.
Si può dire che fu lo scopritore di Ciriaco Ortiz, che conobbe a Cordoba e portò con sé a Buenos Aires. Gardel incise un suo tango, con parole di Escaris Mendes, "Barajando". Nonostante l'amicizia che li univa non chiese mai al "Zorzal" di incidere i suoi tangos. Gardel era generoso e molte volte incideva pezzi mediocri per aiutare l’autore che era in difficoltà.
Diceva Vaccaro: "Faceva di qualsiasi cosa un capolavoro, era l'arte incomparabile di quella voce che non sarà mai superata."

Il testo di "En la via" è di Eduardo Escaris Mendez che nacque Buenos Aires nel 1888 e lì morì nel 1957. Horacio Ferrer lo definiva come "uno scrittore di taglio lunfardesco e di arrabal, e creatore insieme ad altri di una corrente quasi umoristica nei testi di tangos."
In realtà quello che ha attirato la mia attenzione in Mendes è il ricorrente argomento dell'abbandono nei suoi testi.
Ho versato fiumi d'inchiostro virtuale raccontando il lavoro dello psichiatra messicano che conobbi negli 'anni 80 e sul suo lavoro "Tango e psicoanalisi".
Escaris Mendes ha scritto parecchi tangos che parlano dell'uomo abbandonato.
La cornetita: "ricordati che c'è un uomo, "trombettina fischiatrice", che per colpa tua vaga malato, ma non implora".
Barajando (con musica di Vaccaro): "Ma invece una percanta (donna) che mi teneva "rechiflao" (impazzito) per lei persino di schiena camminai, mi passò la cera, in un giochetto ben preparato, fino i peli delle mani, arrabbiato, mi strappai".
Asi canto yo: "Così partì vagabondo in quelle terre senza calma, portando sempre per il mondo, come un ricordo profondo, la tua immagine dentro all'anima".
Media noche: "Questa pena che ubriaca e incastona due occhi neri, me l'ha infilzata uno di loro, come un coltello, al baciare".
Diceva lo psichiatra: "Ci sarà qualcosa di più indifeso di un bambino fino ai cinque anni? Se durante quel terribile periodo di passività, il bambino ha il timore di essere abbandonato, è facile che pensi che può morire. Da questi timori infantili nascono gli adattamenti masochisti che saranno responsabili della condotta basica dell'individuo per il resto della sua vita.
Non è strano allora che nelle canzoni e nei poemi si associno l'abbandono e la morte."
Il protagonista del tango "En la via" di Escaris Mendes ha una reazione contraria al pianto disperato del "macho abbandonato”.
Ci ride sopra , fa finta di niente ed elenca tutte quelle debolezze che lui non avrà (ma che sembra di conoscere bene).

Testo di Eduardo Escaris Mendes

A ver, che, mocito, portame cigarros...
Y ensille ese vaso de nuevo, otra vez,
que yo no me sumo con esos otarios
que chupan de bronca, llorando después.
Yo tomo el ricino sin pena ni agravio,
que, al fin, a un disgusto lo mata un placer...
¡A qué andar con vueltas, si es largo el rosario,
cortado al despecho por una mujer!

Y, si llegase a añorarla
porque, al final, la he querido,
no he de arrumbarme, abatido,
en un rincón del café,
ni he de sacar un pañuelo
para llevarlo a mis ojos,
no he de llorar como un flojo
porque en la vía quedé.

¿Se fue? ¡Mala suerte! Café y pan criollo...
¡Qué tanto merengue: 'Que vuelva la infiel'!...
Si aquel que se arruga pidiendo socorro
no es hombre ni tiene vergüenza con él...
¡Qué adiós, bulincito! ¡Qué adiós, aliviada!
¡El paco'e valerios, todo a ganador!
¡Paciencia, compadre! ¡No escupa la estrada!
De vuelta al convento, no pase calor.

Traduzione di Victor Hugo Del Grande

Allora, cameriere, mi porti sigarette
e riempia quel bicchiere di nuovo
che io non mi aggiungo a quegli "otarios" (stupidi)
che "chupan de bronca" (bevono di rabbia) e piangono dopo.
Io bevo "olio di ricino" senza pena né tormento,
alla fine, un’amarezza si ammazza con un piacere;
tanti giri di parole, "è lungo il rosario"
spezzato con rabbia per una donna.

E se per caso, mi mancasse...
perché alla fine le ho voluto bene,
non crollerò abbattuto
in un angolo del bar, ne tirerò fuori un fazzoletto
per portarmelo agli occhi,
non piangerò come un "molle"
perché sono rimasto in mezzo a una strada.

Se n'è andata? Pazienza, caffè e pane fatto in casa.
Perché tanto "merengue" (problema)? Che provi a tornare l'infedele!
Quello che si "arruga" (ha paura) e chiede soccorso
non è uomo né ha vergogna,
macché: "adios bulincito" (addio stanzetta), "adios aliviada" (addio bella vita).
Il "paco e Valerios" todo a ganador (pacco di valute, specie di cambiali tipiche dell’ippodromo per pagare le scommesse).
Pazienza paesano, non sputi l'ingresso,
di ritorno al convento (si inizia da capo) no pase calor (non faccia figuracce.)

diritti d'autore Victor Hugo Del Grande
utilizzo del file musicale previa autorizzazione dell'autore