Dipingi il tuo villaggio e dipingerai il mondo
Questo pensiero scritto dalla penna di Tolstoi ha un’influenza diretta sul titolo di un disco del 1977 che ne utilizza solo l’inizio: Pinta tu aldea….dipingi il tuo villaggio. Non si tratta del disco di un ensemble di tango ma quello del trio di rock progressivo che si chiamava Alas, che se mi è concesso ribattezzo come gli Emerson Like y Palmer de l’Abasto. In questa incisione la struttura stabile del gruppo ospita due bandoneonisti, Nestor Marconi e Daniel Binelli. Nell’ottobre dell’anno precedente Alas aveva addirittura invitato tutti e tre i barbudos di Pugliese al Teatro Coliseo, in un concerto per trio rock e trio di bandoneones divenuto di culto. A propiziare questa strana miscela fu Gustavo Moretto che era la mente del trio ed era interessato al folklore e al tango di orientamento vanguardista e più precisamente piazzolliano, tanto che nel 1975 fu scritturato con i suoi sintetizzatori per uno spettacolo guidato dal pianista Atilio Stampone al Teatro Carmen. Queste scappatelle contemporanee all’attività con l’orchestra di Pugliese, lo ripetiamo, creavano frizioni tra il direttore e i suoi tre capelloni con tanto di barba incolta, attirati dalle sirene del rock che suonavano le loro malie irresistibilmente attraenti. Con i loro desueti bandoneon Binelli e Mosalini, tolto il frac con il cravattino e la brillantina che dava forma alla scomposta criniera, infilavano i jeans, si spettinavano a dovere e si precipitavano a suonare con il Quinteto Guardia Nueva. Questa loro electric band di successo, con batteria, basso elettrico e chitarra elettrica, proponeva una specie di tango de vanguardia con alcune riprese di formule piazzolliane, condito da sonorità estranee a quelle più consuete nel tango. Se questo esperimento anomalo del Quinteto Guardia Nueva ha dato risultati di un certo interessante, dobbiamo constatare che l’ibridismo in quegli anni non è sempre stato di valore, seppure l’idea di meticciato nel tango sia fondativa, in quanto condizione indispensabile per la codifica e lo sviluppo del linguaggio durante la sua nebbiosa fase aurorale. Su questo tema bisogna registrare come negli anni settanta invece, molti degli entusiasmi, che hanno propiziato tra i giovani musicisti dell’epoca nascite di patchwork anomali, si sono rivelati velleitari. Tuttavia Binelli continuava a guardare con devozione l’opera che Piazzolla stava elaborando con caparbia fermezza. Naturalmente non poteva entrare nel suo quinteto dove era previsto solo il bandoneon del leader, ma poteva collaborare con musicisti che a loro modo cercavano uno spazio nella scia di Astor come ad esempio il quinteto dell’esimio violinista Hugo Baralis che ricordiamo ancora come grandissimo violinista con Troilo e con Piazzolla che lo ha voluto nella sua Tipica, nell’Octeto de Buenos Aires di Astor e anche nel Conjunto 9. Il quinteto di Baralis pubblica nel 1973 Tangosetantaytre, un lavoro che possiamo prendere come esempio lampante dell’influenza che le aperture stilistiche concepite hanno avuto su un certo numero di musicisti progressisti. Il gruppo in cui suona anche Binelli è completato dal futuro contrabbassista del quinteto e del sexteto di Piazzolla, Hector Console, dal chitarrista Cholo Ruiz e da un grande pianista dell’epoca, Horacio Valente che qui merita di essere apprezzato anche come compositore. Ne è bastevole testimonianza il suo brano Ciudad Noche, arrangiato per il suddetto disco con un’orchestrazione di sugo agrodolce dal leader Hugo Baralis. Lo ascoltiamo articolarsi in una serie di episodi brulicanti di tettagli decorativi che, come nel caso di Piazzolla, valorizzano i contrasti, la finezza armonica, il virtuosismo degli interpreti, la coloritura degli impasti timbrici, l’elasticità che allarga e restringe le maglie del ritmo. Vi faccio una radiocronaca sintetica di tutte le sfaccettature che si alternano nell’arrangiamento per creare continuamente episodi di novità espressiva. Inizio con contrappunto fugato, primo tema di energica accentuazione ritmica, con il classico bajo caminante trascinato nel tango da Piazzolla; il secondo tema per contrasto ha un’apertura struggente del bandoneon e quindi sul marcado en cuatro lento ancora il bandoneon che in un secondo momento lascia il passo al violino; si prosegue con una cadenza vertiginosa di Binelli a ritmo rapido e marcado, quindi solo di chitarra, ancora tema lirico del violino, ulteriore lento con cadenza di violino solo e ancora il violino con marcado en cuatro lento. Finale vertiginoso dove il bandoneon è all’unisono con il pianoforte chiudendo in ralenty. Un magnifico e glorioso repertorio d’incantesimi! Da ascoltare e riascoltare, questa musica incisa negli anni più difficili per il tango: il poeta polacco Adam Zagajewsky scrive come anche “nel momento del buio” possiamo accorgerci che “sottovoce canta l’ultimo merlo”.