Ciao a tutti amici di Radio Tango Macao!
Come vi avevo promesso nella puntata dedicata al Sexteto Di Sarli questa notte torno a parlare di Don Carlos, El señor del tango.
Avrei potuto scegliere un 33 giri con Rufino per rispettare la linea evolutiva cronologica di questa incredibile orquesta e parlare quindi dei primi anni 40 ma la mia scelta questa notte ricade sulla potente e profonda voce di Jorge Duran.

Ci eravamo lasciati agli albori dello stile disarliano quando, seppur alcuni elementi del classico sound dell'orquesta erano già ben udibili, suonava comunque molto simile ad altri sextetos dell'epoca; l'LP di oggi invece è una raccolta di temi incisi tra il 1945 ed il 1946 più un intruso del 1957, periodo quindi in cui l'orquesta aveva già sviluppato una maturità profonda, una cifra stilistica assolutamente personale e riconoscibile ed una personalità a dir poco unica.

Uno degli artefici dell'evoluzione del leggendario sound disarliano fu Emilio Brameri, arrangiatore a cui Don Carlos affidò l'orchestrazione dei propri numeri più o meno nella metà negli anni '40.
Non possiamo certamente parlare di innovazione riferendoci alla collaborazione con Brameri ma è indubbio che quella di Di Sarli fu una mossa apprezzabile, gli arrangiamenti (ascoltando quello che mi dicono le mie orecchie) ne guadagnarono in ariosità valorizzando ancora di più la leggendaria mano sinistra del Maestro Di Sarli

Altro fatto degno di nota di questo periodo dell'orquesta a mio parere è il ritorno al "diritto di parola", apprezzabile anche se comunque limitato rispetto ad altri ensemble (D'Arienzo in primis), della sezione dei bandoneones.
Probabilmente quello che mosse cotanta generosità in Don Carlos fu l'ingresso nella formazione nel 1944 di un groso del fueye, Federico Scorticati (già direttore dell'Orquesta Tipica Victor tra il '35 ed il '41), che rimase nell'orquesta sino 1956 e che probabilmente era un musicista troppo importante per essere messo a tacere.

Nel 33 giri di questa notte l'unicità dell'orquesta del Di Sarli è impreziosita dalla collaborazione con Jorge Duran, al secolo Alfonso, la cui voce baritonale (cosa alquanto rara in un'epoca in cui i tenori dettavano legge) contribuisce a mio parere ad abbellire enormemente il risultato che arriva alle nostre orecchie; c'è da dire comunque che il timbro di base del nostro cantor non gli fu mai di ostacolo vista la sua duttilità e la sua ottima tecnica vocale.

La voce del Duran non tradiva il suo aspetto fisico, non a caso il suo soprannome era cajon, bara, cassa da morto che dir si voglia, epiteto che simpaticamente gli diedero i suoi colleghi quando lo videro arrivare alla prima delle prove con Di Sarli sfoggiando un bel vestito grigio con enormi spalline che gli conferiva per l'appunto tutta l'aria di una cassa da morto.
Ed a proposito di morti andiamo adesso ad ascoltare Duelo Criollo, con un breve ma bellissimo inciso di bandoneon e la voce profonda di Duran che canta di una delle più banali storie dell'umanità: due stronzi che si ammazzano a vicenda por una piba de arrabal, incisa per tutti noi il 29 marzo del 1946.

Anche se la scarsità di materiali nel dopoguerra colpì non poco l'industria discografica argentina con l'esito di una qualità di registrazione non sempre eccelsa, soprattutto in casa RCA, possiamo comunque godere di tutte le sfumature che questa grande orquesta trasmette, un'orquesta che continuò ad affinare il suo sound nel corso degli anni, come possiamo ascoltare nel prossimo brano che vi propongo: Whisky, registrata il 4 ottobre del 1957.

A parte la qualità del suono, nettamente superiore per ovvi motivi (la tecnologia in 10 anni aveva fatto passi da gigante) il sound di Di Sarli continua a modificarsi (pur mantenendo la stessa rotta) grazie anche all'ingresso nella formazione di un altro gigante. Ascoltate bene e provate ad immaginare chi è il misterioso musicista. Vi do un indizio: è un violinista!

Ebbene si, il valore aggiunto era Elvino Vardaro, e come tutti sappiamo da anni di tv spazzatura dove c'è Elvino c'è Violino!!!! (battuta stupida per la quale mi beccherò gli insulti di Rosita quando dovrà tradurla in Francese!); non è certo il violino libero, lirico e totalizzante al quale Vardaro ci aveva abituati dalle registrazioni dei '30 e dei '40, ma il risultato è quello che conta e a me, questa sezione da ben 5 violini, coesi e prepotenti, fa sognare.
E spero che faccia sognare anche voi perchè è arrivata l'ora di lasciarci!
A presto amici di Radio Tango Macao, un grande abbraccio a tutti voi.