Victoria Colosio nacque a Casilda (Santa Fe) il 2 febbraio 1927. E’ mancata il 12 novembre 2016 a Buenos Aires, all'età di 89 anni. La vita mi mise davanti a questo enorme personaggio quando ancora ero immaturo per apprezzare la sua grandezza. Oggi, dopo aver frequentato diversi ambienti e in tanti anni di lavoro, posso dire che Victoria fu la più grande artista che abbia mai conosciuto.
Diceva: "Come iniziai con il tango? E’ una storia antica ... da bambina dicevo sempre che avrei fatto la ballerina. Ho avuto la fortuna di essere figlia di una coppia entusiasta di gente che amava quello che noi chiamiamo "lo nuestro" ( la nostra cultura) il Folkclore e il tango. Veniva a Casilda don Tomas Morel, un ballerino molto speciale di Rosario, a darci lezioni; imparavamo con velocità, eravamo piccoli, nove dieci anni. Mio fratello si stancava, allora continuavo io portando le donne, da li mi venne la facilità a guidare, che è molto difficile. In qualche modo iniziai a prendere contatto con tutto questo, ma ero cosi bambina, tutto rimane cosi lontano nel tempo… E’ rimasto impresso nella mia pelle, anzi nelle mie ossa. Posso dire che è nata con me, questa illusione, questo amore, questa cosa bella. Il tango è una parte in più dell’esperienza che ho avuto nella vita. Non posso dire di avere una passione solo per il tango, la passione è per la vita. Quando mi dedicai in pieno alla danza classica, lasciai per lungo tempo il tango. Poi continuai con la danza contemporanea ecc. Nell'anno 1962 ero a Mar Del Plata e vedo in televisione un ballerino, rimasi a bocca aperta, ballava da solo. Io era dal 1950 che ballavo il tango da sola. Qualcuno mi diceva: “va bene”, altri: “ti sei dimenticata il compagno?”. Era la manifestazione di quello che sentivo. Il ballerino era Juan Carlos Copes, non lo dimenticherò mai, mi commosse quell’uomo. Iniziai di nuovo a prendere contatto con il tango, con me stessa, ad evolvere. Per l'insegnamento organizzai un sistema con codici molto elementari, presi dalla danza classica e contemporanea che avevo studiato per tanti anni. Utilizzai il concetto del movimento per quelli che mi dicevano; "sono di legno”. Sono quelli che mi piacciono, perché rappresentano una specie di sfida, sono quelli con i quali comunico di più e mi impongo per poter insegnare. Immagina quando viene qualcuno e mi dice: "non posso". Mai dire ‘non posso’! Dì "non voglio". Se ti piace quello che stai facendo, l'orecchio si educa, il senso musicale lo si educa, il senso di danzare lo si educa, la formazione ti va preparando, allora non si può dire: “non ho capacità,” quelle devi dartele tu stesso. Uno deve sapere dove deve arrivare e perché deve arrivare. Io non insegno il tango, io lo trasmetto. Per l'amor di Dio, finiamola con questo. Io passo quello che mi hanno insegnato e in qualche modo è l'esperienza quella che trasmetto. Cominciai a fare la coreografa un po’ per caso. Nel primo Festival di tango che si fece a "La falda", andai con un gruppo di Rosario. Quando il maestro Mariano Mores vide il lavoro che avevo portato mi offrì un contratto, mi disse: “Signora, venga a fare una tourneè con noi, in tutta l'Argentina”. Nello stesso momento c'erano nel festival "Los Diablos de la danza", una formazione di folklore, interessantissima. Mi contattarono pure loro. L'offerta di Mores significava molto denaro, l'altra morire di fame. Ovviamente scelsi la seconda, l'arte che avevano quei ragazzi era incredibile. Quando sono andati a Parigi ebbero un successo enorme, con contratti molto ricchi. Ricordo quando andavamo con loro per strada a Buenos Aires, e qualcuno urlava: "Negro, lavati le zampe". Mi fece molto male, se avevano i piedi sporchi era per il gran ballare.
Horacio Ponce De Leon in "El bailarin" (il ballerino) dice:
"Il ballo è una cosa seria, come l'amore, come la vita stessa. Il ballerino non sa di morire un po’ ad ogni passo e gira, gira tra illusioni morte. Il ballerino ignora che muore un po’ in ogni tango e balla, balla... girano i suoi piedi, le righe del suo abito, da un lato la vita, nell'altro l'eternità, che spia con gli occhi fissi i suoi mortali passi."
Diritti d'autore: Victor Hugo Del Grande
eterna Victoria